| da "CONTRO IL PORTAR LA TOGA"Galileo Galilei (1590)
 Io piglio un male a null'altro secondo, Un mal che sia cagion degli altri mali,
 Il maggior male che si trovi nel 
mondo;
 Il quale ognun che vede senz'occhiali
 Che sia l'andar vestito, 
tien per certo:
 Questo lo sanno in sino gli animali,
 Che vivono spogliati 
e allo scoperto;
 E sia pur l'aria calda o'l tempo crudo,
 Non istan mai 
vestiti o al coperto.
 Volgo poi l'argomento e ti conchiudo,
 E ti fo 
confessare a tuo dispetto,
 Che'l sommo ben sarebbe andare ignudo.
 E 
perché vegghi che quel ch'io ho detto E' chiaro e certo e sta com'io lo dico,
 Al senso e alla ragion te ne rimetto.
 Volgiti a quel felice tempo antico,
 Privo d'ogni malizia e d'ogni inganno,
 Ch'ebbe sì la natura e'l cielo 
amico;
 E troverai che tutto quanto l'anno
 Andava nud'ognun, picciol 
e grande,
 Come dicon i libri che lo sanno.
 Non ch'altro, e non portavon 
le mutande,
 Ma quant'era in altrui di buono o bello
 Stava scoperto da 
tutte le bande.
 Un'altra cosa mi fa strabiliare, E sto per dirti quasi 
ch'io c'impazzo,
 Né so trovar com'ella possa stare:
 Ed è, che se qualcun 
per suo sollazzo,
 Sendo 'ngegnoso e alto di cervello,
 Talor va ignudo, 
e' dicon ch'egli è pazzo:
 I ragazzi gli gridan: Véllo, véllo;
 Chi gli 
fa pulce secche e chi lo morde,
 Traggongli sassi e fannogli il bordello;
 Altri lo vuol legar con delle corde,
 Come se l'uomo fusse una vitella:
 Guarda se le persone son balorde!
 E se tu credi che questa sia bella, 
E' bisogna che 'n cielo, al parer mio,
 Regni qualche pianeto o qualche 
stella.
 Però se vuol così Domenedio,
 Che finalmente può far ciò che 
vuole,
 Io son contento andar vestito anch'io,
 E non ci starò a far altre 
parole:
 Andommen anch'io dietro a questa voga;
 Ma Dio sa lui, se me n'incresce 
e duole!
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