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  Gli zoccoli 
della cavalla saura Tenerina affondavano delicatamente sulla neve. E Camilla cavalcava 
estasiata da tutta quella lucentezza bianca. Aveva fatto un giro di perlustrazione 
a controllare i cavalli e i recinti. La neve era caduta per tutta la notte, e 
in questa zona della bassa Maremma di Alberese era così raro che ogni nevicata 
era quasi un evento.Sulla strada del ritorno in quello spazio siderale si 
fermò più volte a contemplare la piana innevata che s'infrangeva di striature 
della luce di fuoco del tramonto che parevano graffi di sangue appena sgorgato.
 Improvvisamente come richiamata da un'eco strepitante infrantasi su tutta la plaga 
nivale, si voltò verso la vallata nella quale si vedeva ancora la passata del 
suo destriero. E mentre girava la testa come se il trapestìo l'avesse disarcionata 
da cavallo, si chiese se quell'inatteso cataclisma che si era abbattuto in quel 
luogo, ove da giorni non si vedeva un pugno di terra e un bozzolo di verde, stava 
a significare che qualcosa di altrettanto inaspettato doveva accadere.
 L'ombra 
che le parò davanti era quasi spettrale per quanto contrastava con tutt'intorno.
 "E' lui ne sono sicura". Bisbigliò.
 Tentò di avvicinarsi, ma quando lo stallone 
maremmano si accorse di non essere solo fece due o tre salti in aria e scomparve 
nel folto della macchia, e la sua figura s'inghiottì in un ammasso di cotone.
 Camilla restò ammutolita e fissò a lungo il punto in cui l'animale aveva lasciato 
la sua immagine di mistero. Solo lei lo aveva visto ed era sicura che nessun altro 
ci fosse riuscito prima d'ora.
 "Oh, bucavi proprio la neve". Pensò fra sé, 
così lo chiamò Bucaneve.
 II
 Arrivò al grande casale, che stava sul poggio 
nel suo canuto splendore come a far da vedetta all'intera vallata, colma nella 
zona antistante il mare di lussureggianti pini, che ora parevano grandi fiocchi 
di neve innalzati da terra.
 La giovane scese da cavallo ridondando la stupenda 
chioma bruna, e con la coda dell'occhio si accorse che qualcuno dalla finestra 
la stava spiando.
 Puntò gli occhi verso l'alto che non nascosero un'inappuntabile 
espressione di sdegno. Si volò di scatto e portò Tenerina al recinto, e corse 
verso la casa, quando fu sulla soglia, lo scatto improvviso del chiavistello la 
fece trasalire. Apparve Maddalena con la sua solita crocchia che, secondo lei, 
la faceva ringiovanire di vent'anni, e che i ciuffi che le cadevano selvaggi sul 
viso le dessero una certa eleganza.
 Camilla tentò di oltrepassarla, dicendo: 
"Stai sempre a pulire i vetri". E scoppiò a ridere.
 L'altra 
le fece lo sgambetto; Camilla barcollando le afferrò la crocchia e Maddalena non 
la vide più, e sentendo i suoi passi su per le scale le gridò: "Non avrei mai 
immaginato che mio fratello avrebbe sposato una donna che parla da sola o coi 
cavalli".
 Le parole rimbombarono ma senza fare nessun effetto a Camilla che 
aveva raggiunto l'altra parte del casolare. Bussò piano alla porta. Non udendo 
nessuna risposta entrò nella stanza buia inciampando nell'orribile tappeto, e 
non osò accendere la luce.
 "Dove sei?" farfugliò l'uomo abbassando un po' 
le coperte.
 Gli occhi di Camilla si abituarono all'oscurità e lo vide mentre 
si lisciava la lunga barba, poi allungò la mano e l'accarezzò.
 "Sai, oggi 
l'ho visto. Oh, tu vedessi com'era, non tanto bello, ma era così vivace, forte, 
pieno di energia... Bucaneve".
 "E chi sarebbe Bucaneve?" Disse alzando la 
testa.
 "Quello stallone maremmano, che dicono estinto, forse è per questo 
che a Collelungo si è ancorata quell'imbarcazione".
 "Ma non dire sciocchezze" 
rispose lui ridendo.
 "Sì, l'ho visto, e poi lo dicono tutti in giro, quindi 
non è solo una voce".
 "Oh, fanno tanto per dire, sarà qualche cavallo scappato 
dall'allevamento vicino, sai, con tutta 'sta neve, ti sarai confusa".
 Camilla 
si alzò con rabbia e, nonostante l'oscurità, trovò facilmente la porta e se ne 
andò, con evidenti segni di delusione.
 Nei giorni seguenti la grande nevicata 
si trasformò in fanghiglia cremosa, e le moltitudine di gocce che cadevano dagli 
alberi avevano riempito rigagnoli, canaletti e ruscelli. Camilla ci saltellava 
dentro muovendosi in una specie di danza fra i sussulti e i nitriti dei cavalli 
che la osservavano incuriositi aldilà delle staccionate.
 III
 Gli 
ultimi camini accesi annunciarono la primavera e la donna cominciò a coltivare 
l'orto dietro casa. Continuando a raccontare dell'incontro inaspettato con Bucaneve, 
soprattutto quando accompagnava suo marito e Maddalena a radunare mandrie di vitelli 
e puledri per l'annuale marchiatura.
 Maddalena ascoltava in silenzio, cavalcando 
dietro di loro e ogni tanto emetteva dei grossi sospiri per interrompere volontariamente 
Camilla. Invece Gioacchino ascoltava ogni parola, pensando che per lei fosse solo 
una straordinaria illusione, un bellissimo sogno.
 E fra gli anditi più delicati 
e brillanti di quel lembo di terra a ridosso sul mare con il suo profumo che si 
spandeva verso ogni porta, ricomparve Ettore, un buttero che, più di ogni altro 
aveva dimostrato particolare abilità a cavallo. Nessuno fra i suoi amici butteri 
lo aveva dimenticato essendo stato, Ettore, protagonista di tante storie coraggiose 
raccontate nell'aia della tenuta o sulla spiaggia davanti a un falò. Ettore era 
leggenda.
 Camilla lo sognava come un personaggio leggendario. Ma quel giorno, 
cavalcando sulla battigia, come faceva ogni mattina all'alba, se lo trovò davanti.... 
Rimase ammutolita. Era una realtà ed era bellissimo. Le sembrò che il sangue le 
schizzasse fuori.
 Fra loro nacque la passione fra carezze e baci immaginari. 
Avvertivano il peccato nei loro sguardi e nei loro movimenti quotidiani.
 Ettore 
trascorreva le notti irrequieto pensando che lei non sarebbe mai stata sua. Si 
dibatteva fra le coperte e tutto sudato usciva e faceva lunghe nuotate, poi stremato 
si sdraiava sulla spiaggia lanciando pugni di sabbia. Durante il giorno cavalcava 
all'infinito cominciando nelle leggere brezze mattutine fino alle lande esultanti 
di polvere. E fu proprio in quelle galoppate che si accorse di Bucaneve. Tentò 
di seguirlo, e senza rendersene conto si ritrovò fra la folta macchia avvolta 
nel manto stellare. Non riuscì a evitare un ramo d'olivella che lo fece cadere 
dentro. Poi qualcosa alle sue spalle che lo annusava ed emetteva grugniti lo fece 
balzare in piedi. Era un cinghiale che al suo brusco movimento scappò via.
 Da dietro una nuvola spuntò la luna. Ettore si ritrovò illuminato da quell'immensa 
palla che pareva sprofondare nell'acqua insieme a lui. Allora alzò gli occhi e 
rimase accecato dalla lucentezza dei motivi ornamentali dell'Abbazia di San Rabano. 
Non avrebbe mai immaginato che a due passi da dove era nato ci fosse una costruzione 
di tale bellezza. In quell'istante quasi la paura gli passò e fece una cosa di 
cui non credeva sarebbe mai stato capace. Si arrampicò su per la torre. Così in 
alto, si sentì quasi onnipotente. Davanti a sé il mare luminoso che rumoreggiava 
battendo contro le rocce; nella pineta vide una miriade di fiammelle tutte in 
fila... Non si sentì più solo, e fra le lacrime che gli scorrevano sul volto forte 
e bellissimo reso diafano dalla luce della luna, gridò: "Oh butteri c'è la luna" 
La sua voce potente echeggiò dal bosco di roverelle, alle radure di Poggio Lecci, 
fra i pini, i lecci, le filliree, i bozzi argentati e fra le mirabolanti corse 
dei daini e dei caprioli.
 IV
 Alcune ore dopo trafelato e stanco 
arrivò a Bocca d'Ombrone, ora le miriadi di fiammelle erano diventate un falò 
enorme e i butteri ci giravano intorno, intonando una nenia maremmana:
 Pegaso, 
oh, Pegaso,
 illumina
 questo ultimo destino.
 Disegna con le ali
 Il suo cuore
 Nei nostri cuori,
 innalzati nei cieli
 nel brivido eterno
 del respiro del mare.
 Nel pomeriggio, Camilla aveva organizzato una gara di 
solidarietà per raccogliere fondi per il centro di riabilitazione equestre che 
confinava con la sua fattoria. La gara era una corsa fra butteri anziani e novizi 
lungo l'argine dell'Ombrone. Durante la corsa Gioacchino era caduto da cavallo. 
Camilla giunse subito a soccorrerlo, mentre lui mormorava: "Oh, questa dolce, 
amara terra, mi soffoca, mi dà la morte, sono cresciuto osservando i meriggi degli 
aironi, cavalcando lungo spiagge ad ascoltare il mare, e tra i campi caricando 
un puledro smarrito, ed è qui che vorrei che la mia polvere fosse cosparsa: tra 
le salicornie. Tieni donna mia, questo è tuo," e le porse il fazzoletto rosso 
che Gioacchino portava sempre, era un fazzoletto che aveva un significato preciso 
e per questo veniva chiamato "Sciarpetta".
 Mentre la sua mano scivolava via 
da quella di Camilla, ansimò: "Tieni Camilla il mio fazzoletto: donalo all'uomo 
che d'ora in poi ti accompagnerà nella vita; e se è vero di Bucaneve, cerca di 
non farlo catturare mai," e spirò. Le ultime parole di Gioacchino si dileguarono 
nell'aria fino al fiume che lo portò con sé nel suo lento fluire per disperderle 
nel mare.
 Camilla si voltò, alle sue spalle si erano radunati tutti i cavalieri 
in lacrime, rendendo omaggio all'ultimo grande buttero esistito da Torre delle 
Cannelle a Torre Trappola. (Continua)
 
 Questi i numeri della Sentinella 
usciti nel 2001, che potete richiedere all'edicola di Braccagni o alla Redazione.
 Festa del "Maggio" (aprile 2001)
 Trasformazioni rurali in Maremma (luglio 
2001)
 L'invenzione della Maremma (settembre 2001)
 oltre a questo numero.
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